Position paper della XV Convention CGM: “Direzioni. Intelligenze collettive per una nuova economia sociale” – svoltosi a Bologna dal 20 al 22 giugno 2024 – di cui Social Seed è stato Knowledge partner. Pubblichiamo di seguito il Position paper che CGM e Social Seed hanno scritto e pubblicato su Pandora Rivista, media partner dell’evento.
Introduzione
La Convention CGM è giunta alla quindicesima edizione. Da sempre opportunità e luogo d’incontro per le imprese sociali e i consorzi della rete CGM che si dedicano alla cura delle persone e allo sviluppo delle nostre comunità. Tre giorni di lavoro e networking ricchi di interventi, workshop e dibattiti. Un evento dove incontrare non solo colleghi provenienti da tutta Italia, ma anche stakeholder e istituzioni.
Tema di questa convention sono le direzioni che è sempre più necessario intraprendere per navigare nelle grandi transizioni (ambientale, digitale, demografica e culturale) che con fatica ma anche proattività stiamo attraversando. L’obiettivo è fare innovazione rispetto a sfide epocali ricomponendo micro azioni di cittadinanza, servizi di welfare ed economie di prossimità all’interno di politiche di missione che mirano a generare impatti positivi e duraturi.
Per questo è necessario che l’economia diventi, nel suo complesso, più sociale, coinvolgendo non solo i soggetti che la costituiscono – cooperative, associazioni, fondazioni ecc. – ma anche altri attori che abitano ambienti territoriali e digitali “onlife” dove si determinano scelte, preferenze e modalità di azione.
Le imprese sociali, in questo contesto, sono chiamate ad assumere una rinnovata centralità. Le opzioni politico culturali e le capacità strategiche e operative che sono all’origine di questo modello d’impresa richiedono di essere riposizionate guardando alle direzioni di sviluppo definite da cornici di politica come l’Agenda 2030, insieme a quanto continua ad emergere nei contesti locali in termini di bisogni e istanze di cambiamento. Per questo è necessario reinvestire l’insieme delle proprie dotazioni materiali e immateriali, ad iniziare da quel capitale umano che sostanzia la missione di perseguire l’interesse generale.
Una visione per l’economia sociale: trasformare servizi, contesti, politiche
Le politiche a sostegno dell’economia sociale, a partire da quelle messe in campo dall’Unione Europea, promuovono un passaggio paradigmatico rispetto al ruolo dei soggetti che ne fanno parte, chiamando questi ultimi a uscire da una condizione di marginalità per acquisire un ruolo centrale nella promozione di un nuovo modello di sviluppo economico, più inclusivo e sostenibile. Questo richiede un lavoro di condivisione della visione strategica e una costruzione di intenti comuni tra soggetti diversi.
Uno degli elementi di maggiore interesse e di messa in pratica del Piano di azione sull’economia sociale riguarda il riconoscimento del cluster “economia sociale e prossimità” come parte integrante della nuova strategia europea. Accanto ai tradizionali fattori hard dell’economia manifatturiera e dei servizi si evidenzia quindi il ruolo di reti territoriali e di scopo dove l’economia sociale in senso stretto svolge un ruolo di connessione e sviluppo, mutualizzando segmenti di quella economia locale che, con la sua presenza, contribuisce a riprodurre il tessuto connettivo delle comunità e, così facendo, ne garantisce la prosperità aderendo a paradigmi più inclusivi e sostenibili.
La Commissione europea ha costituito a tal fine una piattaforma che consente a diversi soggetti di accreditarsi come cluster di economia sociale e di prossimità assecondando un modello di crescita che intercetta a livello mediano le spinte dal basso tipiche del settore sociale e il carattere top down delle politiche continentali. A fronte di un tessuto di economia sociale e di prossimità molto diffuso e per certi versi connaturato a una certa accezione di “made in Italy”, si evidenzia un potenziale inespresso che merita di essere fatto emergere e di essere accompagnato verso una maggiore strutturazione.
Per questo la nostra direzione sull’economia sociale consiste nel rilancio di un’azione strategica che, valorizzando il patrimonio civile del nostro Paese, riporti l’Italia al centro del dibattito europeo. Tutto ciò a partire da una massa critica ampia e differenziata di cluster locali – ben rappresentata dalle imprese sociali e in particolare dai loro consorzi locali – che concretamente praticano l’economia sociale in contesti di prossimità.
Spazi urbani, nuove geografie dei territori e vitalità dei luoghi
Qual è la natura delle città e dei territori oggi? Quali sono le conseguenze dei processi di trasformazione, fortemente ambivalenti, che caratterizzano le grandi aree urbane e le loro periferie, le città medie e le fasce periurbane, i territori interni? Che impatto avranno sui sistemi di cura e sull’offerta di servizi essenziali? E quali saranno gli effetti di queste nuove geografie in termini di inclusione ed esclusione in un quadro socio demografico che si arricchisce in termini di diversità ma allo stesso tempo segna chiare tendenze di decrescita?
Negli ultimi anni si registra un rimescolamento dei territori e delle città: imprese, lavoratori e investimenti si concentrano in poche grandi aree che crescono (Milano, Bologna, Roma, Firenze), mentre le altre si restringono. Il concetto di “urbanità” (come forme di vita, insediamenti, servizi, flussi) distingue sempre meno aree urbane da aree periferiche, o tra città e campagna. E sempre più lo sviluppo è determinato da flussi e non fissità: risorse infrastrutturali, mobilità per lavoro, immigrazione, turismo, investimenti su strutture ecosistemiche e ambientali.
L’imprenditoria sociale è tutt’altro che estranea a queste dinamiche, modificando la sua conformazione organizzativa e le sue priorità d’investimento: definisce nuovi modelli e scale di intervento nelle città, si reinventa come impresa comunitaria nelle aree interne, ripensa le sue reti e filiere dentro “aree vaste”. Il rapporto fondante tra impresa sociale e territorio assume quindi nuove conformazioni di fronte a sfide sistemiche e localizzate: il welfare che incorpora ecologia e cultura per essere nuovamente d’impatto; l’utilizzo di piattaforme digitali per rispondere a esigenze di cura, conciliazione, benessere; la dotazione di infrastrutture non solo come centri di servizio, ma come luoghi di comunità dove anche i fattori di efficienza energetica possono diventare asset di interesse collettivo.
Sono quindi molteplici, e di segno diverso, le direzioni su cui agire nel modo di fare imprenditoria sociale affinché il territorio continui ad essere l’incubatore e la cornice di senso del nostro agire:
- promuovere politiche che oltre a concentrarsi su aree target fragili (quartieri periferici, aree dismesse, territori interni) assumano come orizzonte una territorialità reticolare improntata intorno alle città medie;
- guardare alla rigenerazione come ambito di policy e catena del valore operando sulle sue condizioni di sostenibilità: mercato immobiliare, riqualificazione energetica, rendita fondiaria, consumo di suolo;
- ripensare lo spazio fisico insieme a quello socio-economico dotandosi di coerenti strumenti di pianificazione e programmazione, oltre che di assetti di governance multi-stakeholder ormai connaturati al fare impresa sociale.
Dati, infrastrutture phygital e intelligenze collettive
Siamo nel pieno di un’era data driven che influisce in maniera evidente su preferenze, scelte di consumo, esercizio del potere sia come persone che come organizzazioni e istituzioni. L’avvento dell’intelligenza artificiale generativa in forma di applicativo di uso comune mette al centro un ulteriore fattore che sfida la “capacità di calcolo” degli esseri umani, in particolare se agiscono come intelligenza collettiva all’interno di team di lavoro, organi di governo, comunità di pratica, ecc.
L’impresa sociale, che nel tempo ha saputo costruire in modo artigianale una sua cultura del dato legata principalmente a esigenze di monitoraggio e rendicontazione, si trova oggi sempre più esposta a flussi informativi in grado di generare nuovi contesti all’incrocio tra analogico e digitale (piattaforme, metaverso, spazi phygital, ecc.) all’interno dei quali è possibile elaborare modelli innovativi di cura, educazione, inclusione. Ma la stessa impresa sociale può rappresentare anche lo scrigno di governance per tutelare e gestire i dati personali e collettivi come beni comuni, in particolare se relativi a dimensioni di fragilità e scelte personali, mettendoli al riparo da meccanismi sempre più evidenti e pervasivi di estrazione del valore. La sfida per reti come CGM consiste nel saper dislocare il combinato tra intelligenza collettiva e dotazione tecnologica a ridosso dei contesti dove si generano problemi e opportunità. Le riletture ex post e automatizzate non consentono infatti di fare la differenza in termini di tempestività ed efficacia delle risposte, come invece è richiesto a chi si propone di produrre beni e servizi di interesse collettivo.
Servono quindi nuove direzioni da perseguire per una gestione efficace e sostenibile della nuova disruption tecnologica:
- sviluppo su componenti phygital dei nostri servizi, organizzazioni e reti;
- costruzione di percorsi di open innovation tagliati su misura per le imprese sociali;
- definizione di nuovi modelli di governance cooperativa per la custodia e la valorizzazione di informazioni sensibili che scaturiscono dai servizi di interesse generale;
- investimenti su piattaforme verticali che contengano non solo vetrine di servizi, ma anche nuovi modelli di offerta “nativi digitali”.
Felicità ed economia, pratica e politica
L’economia capitalistica sembra essere arrivata a un punto di saturazione, ma non in termini di crescita economica, quanto piuttosto di aumento di felicità: da qualche decennio il benessere delle persone nei Paesi “avanzati” non cresce più. La nuova edizione del World Happiness Report evidenzia chiaramente che la felicità delle persone influisce sul successo in termini performativi e qualitativi del contesto in cui vivono. Se guardiamo alla storia delle idee ci accorgiamo che felicità è una parola da tempo utilizzata come dimostra il filone dell’economia civile. Gli studi sulla felicità ci permettono di leggere le grandi questioni che attraversano l’evoluzione umana: il rapporto con la tecnologia e il lavoro, le scelte individuali rispetto ai percorsi di vita, la partecipazione alla vita democratica ecc.
La felicità come aspirazione personale è legata certamente a condizioni materiali, ma non solo. Comportamenti individuali consapevoli come il “voto col portafoglio” sono importanti, ma non bastano. Per alimentare l’aspirazione a essere felici insieme agli altri e consapevoli dell’ambiente che abitiamo servono nuovi luoghi e approcci di politica. Non solo attraverso la delega tipica delle democrazie liberali, ma soprattutto grazie alla partecipazione diretta e attiva che trova nel terzo settore e nell’impresa sociale un’arena ancora ricca di opportunità e di innovazione. La prossimità generata dall’agire collettivo e cooperativo può alimentare quei sostrati politico culturali che sostanziano attese di felicità e realizzazione di sé che siano armoniche rispetto a società sempre più aperte e differenziate ed ecosistemi ecologici che richiedono di essere tutelati e ripristinati.
Le direzioni su cui agire dentro arene di politica che promuovano felicità delineano sfide rilevanti che chiamano in causa i principi organizzativi, scelte strategiche e, non da ultimo, mentalità individuali e collettive. Ciò significa:
- l’apertura dei nostri sistemi di governance a nuove forme di partecipazione civica (giovani, nuovi cittadini, persone fragili);
- l’assunzione di istanze di advocacy e la partecipazione a coalizioni di scopo per il bene comune;
- la diffusione di modelli educativi finalizzati a una sostenibilità integrale: realizzazione di sé, protagonismo sociale e attenzione all’ambiente;
- la focalizzazione degli impatti sulle dimensioni di ben-essere;
- un’adozione proattiva e critica di tassonomie e indicatori relativi alla qualità della vita delle persone, delle comunità e degli ecosistemi.
Generazioni al lavoro: un nuovo contratto sociale
La ribellione alla visione tradizionale del lavoro, soprattutto tra i giovani, rappresenta un cambiamento radicale nella struttura sociale. I temi della vocazione individuale, dello sviluppo della persona e della comunità operano silenziosamente una profonda ristrutturazione degli assetti sociali.
Come possiamo produrre e offrire lavoro di valore, professionalmente riconosciuto e adeguatamente retribuito? Come possiamo rendere attrattivo il mondo delle imprese sociali per chi è alla ricerca di un lavoro significativo?
Se domandiamo alle nostre imprese qual è la risorsa che più manca ci viene spesso risposto: “le persone”.
Perché è così difficile trovarle? Certamente la crisi demografica sta presentando il conto, ma non dobbiamo limitarci a questo dato.
Dobbiamo affrontare alcune criticità che rendono difficile far crescere il fattore umano all’interno delle nostre imprese, lavorare con maggiore metodo e professionalità sulla fase di selezione, strutturare una strategia di politica del personale all’interno delle imprese sociali che preveda piani di crescita e di carriera per ciascun lavoratore, evitare di cercare competenze alte a basso costo.
Per questo servono non solo più competenze di HR management, ma la ridefinizione di una cultura comune rispetto al valore del lavoro sociale nelle nostre organizzazioni e nei contesti in cui operano. Una cultura che non deve diventare retorica ma base per una strategia che riconosca e aggiorni la rappresentazione delle imprese sociali, in particolare di quelle cooperative, come “società di persone” in senso sostanziale e non solo giuridico.
Le direzioni su cui agire per una nuova people strategy per le imprese sociali riguardano tendenze come le seguenti:
- revisione dei modelli organizzativi delle imprese, impostati su apertura e ascolto, chiarezza e solidità organizzativa, decentramento e protagonismo cooperativo;
- scambio di flessibilità tra organizzazione e lavoratori, con accompagnamento nel percorso di carriera parallelamente alla crescita dell’impresa;
- formazione continua, valorizzazione delle diversità, inclusione attiva, spazio per il protagonismo, corresponsabilità, smart working.
Scenari, focus e segnali dal futuro
I temi chiave descritti nelle pagine precedenti saranno presentati e approfonditi attraverso tre diverse modalità durante la Convention. Verranno in primo luogo approcciati come scenari all’interno delle sessioni plenarie al fine di coglierne in pieno la loro valenza sistemica, stimolando così un salto di qualità nel modo in cui siamo in grado di mobilitare l’insieme delle nostre risorse umane, tecnologiche e organizzative. Una seconda modalità di approfondimento consisterà in focus tematici che coincidono con i principali cantieri di lavoro intorno ai quali ha preso forma “la Bussola”, ovvero il nuovo piano strategico di CGM. Una modalità attraverso cui riattualizzare quella propensione al reciprocare modelli, soluzioni, sensibilità che da sempre caratterizza il funzionamento più naturale e immediato della nostra rete sia rispetto ad ambiti di attività – servizi educativi e di cura, politiche del lavoro, ecc. – che a elementi di metodo: formazione, innovazione aperta, investimento. Infine, ma non per ultimo, una call – segnali dal futuro – su mutamenti emergenti rivolta a imprese sociali della rete che già “stanno provando” a fare innovazione nell’ottica delle transizioni nelle quali siamo immersi. Un approccio visionario e insieme pragmatico al cambiamento che dedicheremo a Claudia Fiaschi, già presidente di CGM e imprenditrice sociale che è stata maestra nel saper delineare e perseguire nuove direzioni di sviluppo.
Letture
Aiccon (a cura di) (2024), “Oltre la forma. Risignificare le organizzazioni per generare cambiamento”, concept note GdB 2023 XXIII edizione.
Autori vari (2024), World Happiness Report 2024, University of Oxford, Wellbeing Research Centre.
Alessandro Balducci (a cura di) (2023), La città invisibile. Quello che non vediamo sta cambiando le metropoli, Milano, Feltrinelli.
Censis (a cura di) (2023), 57° Rapporto sulla situazione sociale del Paese, Milano, Franco Angeli.
Claudia Fiaschi (2022), Terzo. Le energie delle rivoluzioni civili, Milano, Corriere della sera.
Consorzio nazionale CGM (2023), CGM in trasformazione. Una bussola per orientare scopo, direzioni, funzioni, Piano di sviluppo 2023-2025 (con il supporto di Social Seed)
Frederic Laloux (2016), Reinventare le organizzazioni. Come creare organizzazioni ispirate al prossimo stadio della consapevolezza umana, Milano, Guerini Next.
Giuseppe Guerini (2024), “Il Piano per l’economia sociale”, Vita, maggio 2024, pp. 19-26.
Ivana Pais, Flaviano Zandonai (a cura di) (2023), Il welfare nell’era delle piattaforme. Apprendimenti dal progetto weplat, Milano, Percorsi di secondo welfare.
Irene Soave (2024), “Se il lavoro ci fa bene”, Pandora Rivista, intervista a Irene Soave di Teresa Guarino.
Stefano Zamagni (2023), “L’economia civile e l’idea di sviluppo”, Pandora Rivista, intervista a cura di Raffaele Danna.
A cura di: Social Seed, Consorzio Nazionale CGM